Poco fa, mentre guardavo un episodio di Grey's Anatomy, una frase mi ha colpita: "La nostra meta-analisi conferma la correlazione tra il microbioma intestinale e l'Alzheimer.""Bene, allora guardiamo i dati."
Ma i dati, da soli, non raccontano tutta la storia. La correlazione ci dice che due fenomeni si muovono insieme, ma non ci dice perché.
L'approccio di Judea Pearl e dell'AI causale permette di fare domande più profonde:
Il microbioma è una causa dell'Alzheimer o un suo effetto?
Ci sono variabili confondenti, come la dieta o fattori genetici, che influenzano entrambi?
Se interveniamo sul microbioma (do-operation), possiamo cambiare il decorso della malattia?
Ricerche recenti suggeriscono che l'asse intestino-cervello possa giocare un ruolo fondamentale. Ad esempio:
Uno studio del 2023 ha evidenziato che alterazioni del microbiota intestinale possono influenzare le cellule immunitarie del cervello e accelerare la neurodegenerazione (Washington University).
Un altro studio del 2025 ha identificato alterazioni strutturali nell'intestino di modelli preclinici di Alzheimer, suggerendo che cambiamenti intestinali potrebbero precedere quelli cerebrali (Istituto Mario Negri).
Mi chiedo se Meredith Grey abbia mai pensato di costruire un modello causale per capire meglio questa relazione. Da brava neurochirurga, probabilmente avrebbe disegnato un grafo causale (DAG) sulla sua lavagna, qualcosa del genere:
Dieta ---> Microbioma ---> Alzheimer
Ma poi, da scienziata esperta, avrebbe realizzato che c'è qualcosa di più complesso da considerare.
In questo grafo, la dieta funge da variabile confondente, creando una backdoor path tra il microbioma e l'Alzheimer (M ← D → A). Se non ne teniamo conto, possiamo erroneamente attribuire un effetto causale diretto.
Come avrebbe scoperto Meredith se c'è una backdoor path? L'adjustment set e il do-calculus di Judea Pearl ci aiutano a bloccare le influenze esterne:
Come possiamo scoprire se c’è una backdoor path?
Se blocchiamo la variabile confondente (Dieta), possiamo isolare l'effetto diretto di M → A.
Se condizioniamo su una variabile sbagliata (ad esempio un collider), rischiamo di distorcere il nostro modello.
E se non conosciamo tutte le variabili confondenti?
Qui entra in gioco un'altra tecnica: la randomizzazione. Negli esperimenti randomizzati controllati (RCT), assegnando casualmente il trattamento (es. modificare il microbioma) tra i soggetti, eliminiamo le connessioni tra il microbioma e qualsiasi possibile variabile confondente nascosta. In questo modo, se osserviamo un effetto, è molto più probabile che sia causale!
L'AI causale non si ferma ai dati, ma modella il mondo con domande di tipo "What if". È questo che la rende così affascinante: non si limita a trovare pattern, ma cerca di spiegare perché accadono.
E ora ditemi: posso ancora guardare una puntata di un telefilm senza perdermi nei DAG, nelle backdoor path e nel do-calculus? Spoiler: no, ma almeno mi diverto! 😄
Torno a leggere il libro di Judea Pearl "The Book of Why" - se siete interessati ai temi dell'inferenza causale, è una lettura che vi consiglio vivamente!
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